E’ estate. Una calda estate che procede a ritmi lenti, che fa perdere il senso del tempo.
C’è una barca in mezzo al mare. Anzi, una barca brutta … una barcazza. A fare da sfondo è una macchia bianca uniforme e le sagome si riescono a scorgere grazie a delle sottili linee nere che le ritagliano con docile delicatezza: piccoli segnali di tangibilità di reale in un’atmosfera del tutto rarefatta e priva di ombre.
Di Barcazza non ha troppa importanza sapere con precisione il luogo o il tempo e nemmeno la trama ha un ruolo determinante perché, se decidessimo di eliminarla, il libro rimarrebbe in piedi comunque.
Come è possibile tutto ciò?
Beh, prima di tutto devi essere in grado di immaginare una storia in cui non succede nulla di sconvolgente, ma proprio nulla. Giri le pagine chiedendoti quale misterioso deus ex machina arriverà a dare una svolta a questa linearità quasi opprimente e, quando dopo dieci, venti, trenta pagine ti rendi conto che se continui ad aspettare il colpo di scena finirà per sfuggirti qualcosa, cominci a concentrarti su qualcos’altro: su ciò che non si vede.
Sono gli sguardi, i gesti e soprattutto i silenzi dei protagonisti che scuotono, pagina dopo pagina, l’interesse di chi sta cercando di capire cosa diavolo stiano pensando; ogni tavola si lascia guardare invitando l’ immaginazione a completare ciò che manca, è un dialogo aperto.Il punto fondamentale non è necessariamente quello che ci vuole dire l’autore,Francesco Cattani, ma quello che riesci a vedere tu in una vicenda che parla di un gruppo di adulti e qualche bambino in vacanza al mare; a questo punto persino pensare di poterne dare un’interpretazione giusta o sbagliata diventa superfluo: la bellezza dell’essenzialità.Di Barcazza non ha troppa importanza sapere con precisione il luogo o il tempo e nemmeno la trama ha un ruolo determinante perché, se decidessimo di eliminarla, il libro rimarrebbe in piedi comunque.
Come è possibile tutto ciò?
Beh, prima di tutto devi essere in grado di immaginare una storia in cui non succede nulla di sconvolgente, ma proprio nulla. Giri le pagine chiedendoti quale misterioso deus ex machina arriverà a dare una svolta a questa linearità quasi opprimente e, quando dopo dieci, venti, trenta pagine ti rendi conto che se continui ad aspettare il colpo di scena finirà per sfuggirti qualcosa, cominci a concentrarti su qualcos’altro: su ciò che non si vede.
comparsa a maggio sul blog di Radio Sherwood:
ringrazio Sara Mazzuccato.
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